Qualcuno conserva il sogno della sua vita in un cassetto: ecco cosa ho trovato svuotando il mio


mercoledì 7 febbraio 2007

secondo capitolo


DANIELE
Il terzo anno di università mi sono svegliata con alle spalle poche sparutissime esperienze sessuali, tutte con lo stesso ragazzo, tutte nell’arco di un paio di mesi, tutte nelle stesse identiche due posizioni.
Nel frattempo, la consumatrice di anfetamine che divideva la stanza con me viveva la sua sfrenatissima vita da matricola (considero una matricola chiunque non abbia ancora interrotto il frenetico ritmo locale-lezione-locale-lezione che ritengo doveroso per ogni nuovo iscritto ad una facoltà accademica. C’è chi riesce a rimanere tale fino alla laurea, chi continua pure dopo, chi non ci arriva mai) con la sottoscritta. Per consolarmi della precedente tragica relazione finita male- di cui vi parlerò, forse, in un paragrafo a caso tra un numero indefinito di pagine- della prematura fine della mia vita sessuale, del fatto che mi toccasse portare un apparecchio odontoiatrico da tortura medievale alla tenera età di 21 anni. Allora mi sembravano tanti. Mi scuso, prendo qualche spazio per smaltire la sottile risata e il sorso d’acqua.
Rieccomi. Fossi Hemingway starei scrivendo di pesci atlantici fumando un sigaro cubano, ma al momento sto cercando di rimuovere un accumulo adiposo localizzato. Sulla mia coscia sinistra. Se ce la faccio lo scrivo.
Insomma, dicevo. Elettra era, chimicamente, iperattiva, e quindi bisognava ben farle passare il tempo in qualche modo. Io ero iperattiva per disperazione amorosa. Muoviti agisci parla, e non sentirai il dolore dell’essere stata piantata in quel modo. La cosa non aveva un grande effetto sul mio studio, ma, finalmente, avevo ricominciato ad avere una vera vita sociale. X e Y – non ricordo i nomi. I nomi dei ragazzi nati dopo gli anni ’60 sono tremendi da ricordare. Qualche evangelista a caso- erano mediamente simpatici, mediamente alti, mediamente larghi, mediamente spiritosi, mediamente insignificanti. Ottimi traghetti. Cioè, ragazzi che ti portano fuori in gruppo sperando che tu o la tua amica ci stiate, che dopo un po’ si rassegnano – mai del tutto – al fatto che non ci starete mai, e che finiscono per presentarti ad altri amici, sperando così che quelli ricambino il favore presentando loro qualcuna che, finalmente, ci stia. L’effetto finale dovrebbe essere che tu ti fai un loro amico, loro si fanno un’amica di un loro amico, e siete tutti contenti. Non funziona quasi mai. Ma X conosceva Z. Z che ci voleva provare con me, e per farsi perdonare quei dieci chili di troppo – tutti sugli addominali – volle invitarci al campo volo. Cioè a guardarlo lanciarsi da un aereo col paracadute. Z era destinato a diventare un ottimo traghetto, ma sia io che lui eravamo troppo ingenui per capirlo. Lui perché forse non abbastanza sveglio, io perché ancora troppo inesperta.

Regola n. 2:
Se anche ti capitasse uno scarsotto, se pratica sport estremi, accompagnalo. Di sicuro, là, qualcuno di valido c’è.

Z e X si lanciavano e riavvolgevano il paracadute, mentre a terra, io ed Elettra controllavamo che i paracadute di tutti gli altri fossero ben piegati. Sdraio, jeans e bikini, accanto un fantastico labrador di due anni – femmina, scommetto che volendo ricordo anche il nome – che si divertiva un sacco a distrarmi dalla lettura del mio manuale. E io mi distraevo. Così il suo padrone poteva scusarsi del disturbo. Moro, capelli corti, abbronzatura perfetta (non cuoio lampada né pallido scrivania. Bronzo sole) occhi verdissimi. Due braccia da pensieri impuri. Per tutte le donne presenti. Troppe, come al solito.
La sera dopo- o forse la settimana – Z invitò me ed Elettra ad un pub irlandese, un posto di una sciatteria disumana. Io ero lì, magra come uno stecco (l’apparecchio limitava alimentazione e taglia), vestita da uomo con un taglio di capelli cortissimi e un trench blu notte. Z era alto, e da dietro di lui mi arrivò una mano stesa. Inizialmente non ascoltai il nome. Ero Distratta dall’avambraccio. Bobi, vai.

Regola n.O/di Mirka:
Chiunque sia, se gli diventi amica il portartelo a letto dipenderà solamente dalla tua volontà.
(tatuatevela da qualche parte, non ha mai fallito. Mai).

Daniele ha- è ancora vivo – occhi azzurro ghiaccio, capelli (in caduta) biondissimi, pelle chiara ed un fantastico corpo da nuotatore. Un metro e novanta. Credo di poter ricordare ancora il suo odore, ma erano altri i suoi punti di forza.
Daniele e io siamo finiti a letto grazie al portatile di una mia coinquilina. Portatile che stava benissimo, ma che ebbe improvvisamente bisogno di un nuovo antivirus che nessun altro avrebbe potuto procurargli.
Una battaglia coi cuscini e il gioco era fatto: la battaglia coi cuscini è l’ultima spiaggia, specie se i cuscini sono quelli del divano. Ma è andata, e io mi son trovata a difendere il mio fondoschiena.
Dopo poco lui avrebbe dovuto difendere tutto il resto, ma per adesso è tutto. Pausa.

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si, ho i denti storti nonostante anni di costosissime e dolorosissime cure. E allora? Avreste dovuto vederli prima..

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