Bobi Schumann's Rules

Qualcuno conserva il sogno della sua vita in un cassetto: ecco cosa ho trovato svuotando il mio


venerdì 7 agosto 2020

 

Quando le tue speranze vengono regolarmente deluse per anni, impari a temerle come si teme una minaccia mortale.

E se sperare diventa un pericolo, la paura ti prosciuga da dentro, finché di te non rimane che un ricordo dolente, un’ombra nello specchio in cui ti vedi ogni mattina.

giovedì 30 luglio 2020

Venezia salva

 

La cosa di cui finisci per renderti conto è che Venezia è una città di persone follemente innamorate. Di Venezia. Se sei veneziano, la cosa più semplice è andartene. Vivere qui è complicato, estremamente faticoso, frustrante e costoso. Se, nonostante tutto questo, continui a farlo, vuol dire che, a un certo punto della tua vita, ti sei messo a fare la lista. Quella dei pro e dei contro, quella che, a un certo punto di una relazione molto difficile, si finisce per fare. E che, nonostante la lista dei contro fosse lunghissima, hai deciso che i pro valessero la pena. E quei pro, almeno a vederli da chi come me vede il rapporto dal di fuori, sono pochi e assolutamente sentimentali. La città è, senza alternative, la più bella del mondo, di una bellezza talmente specifica, esagerata e struggente, che, anche vedendola invecchiare ed offendere da chi ne abusa, continua a muoverti quel dolore commosso dentro, quella cosa che puoi provare solo per quelle passioni che ti cambiano la vita. Non puoi solo volerle bene, esserle affezionato. Questa città, se ci vivi, ti chiede una devozione assoluta.

E i veneziani di Venezia ce l’hanno, mostrano tutti quei sintomi che, quando li vediamo in qualcun altro, ci fanno pensare che si sia perduto dietro un amore che lo distruggerà. Ma che, nemmeno troppo in fondo, invidiamo per questo.

giovedì 9 aprile 2020

Lockdown

 

Ho paura per A., che assiste i malati dall’inizio dell’epidemia, e che non mi ha mai detto di essere preoccupata, triste, o di avere paura. Ho paura per A., che domani inizia la terapia, che probabilmente si è ammalata perché ama uno degli eroi di questi giorni, e che fa la bulla col virus, perché lei è più forte e il virus non le fa paura. Ho paura per P., che è uno degli affetti più cari della mia migliore amica, che è una signora dolcissima con alle spalle una lunga vita tutta dedicata agli altri, e che adesso, sola, dipende dall’ossigeno di una mascherina, probabilmente senza capire perché, dato che gli anni si sono portati via un pezzetto di lei. Ho paura per P., che è una donna piccolissima e grandissima, che lotta da anni con una malattia anche peggiore di questa, ma che in questo momento è tra i più fragili, lei che è così forte. Ho paura per M., che assiste la madre malata, che per questo non ha mai smesso di entrare in ospedale, che è stanco e però non può fermarsi. Ho paura per M., che è sopravvissuta alle leggi razziali, che è una delle donne più incredibili che abbia mai incontrato. Ho paura per F., che è sopravvissuto ad un eccidio, ad un’esplosione e a tutti i problemi che una lunga vita comporta, che è forte e coraggioso, ma che custodisce l’ingenuità di un ragazzo cresciuto tra i monti. Ho paura per tutti loro e per tutti quelli che amo, e per quelli che amano loro, molto più di quanta ne abbia per me. Non è altruismo. È che ho bisogno di loro per essere me.

mercoledì 18 settembre 2019

Vigoressia

 

L’ambiente del fitness allontana chi ne ha più bisogno. Gli attrezzi sembrano costruiti senza tenere conto delle difficoltà che un corpo fuori forma pone, gli operatori spesso trattano le persone grasse come colpevoli, esponendole al ridicolo. Gli spogliatoi raramente offrono quella privacy che permette di sentirsi a proprio agio anche a chi non sopporta di essere osservato. Una delle macchine che si usa negli esercizi a corpo libero dello studio pilates che frequento mi costringe a piegarmi all’indietro. Niente di drammatico, se non fosse che poi devo muovermi sulla schiena mentre la stessa è diventata come il manto di uno Sharpei schiacciato in una pressa. Dolorosissimo. Se la mia schiena non fosse grassa, nemmeno me ne accorgerei. Ma tant’è, è come se subissi un enorme pizzicotto mentre faccio l’esercizio. Nello studio che frequentavo prima, invece, l’istruttore bullizzava chi superava la taglia 42. Un giorno mi chiese di fronte alle altre corsiste quanto pesassi. Pensai a una qualche antipatia, ma poi gli vidi fare numeri simili con altre due iscritte. Che smisero di venire. Io continuavo lo stesso, quindi continuò anche lui. Alla fine, smisi di fare pilates per qualche anno, finché non aprì lo studio che frequento ora. Non sono andata in piscina per tre anni. In questi tre anni ho preso quasi venti chili, l’idea di spogliarmi mi provocava ansia. Oggi ho avuto il coraggio. Grazie al cielo il mio corso vede un gran numero di iscritte tra le signore amanti della cucina del luogo, la bassa mantovana. Io non sono tra le più grasse, né tra le più vecchie. E, finalmente, ho ritrovato il piacere di muovermi in acqua. Ovviamente, questo servirà al mio corpo a riprendere il suo ritmo, e magari a perdere almeno 15 di quei chili. Ovviamente, allontanare chi avrebbe bisogno di muoversi dalle palestre e dalle piscine crea un circolo vizioso, e va contro il senso stesso di quei luoghi. Che non dovrebbero essere un ritrovo per vigoressici, ma un posto dove si va per prendersi cura della propria salute. E dove tutti dovremmo imparare che il corpo umano ha forme, ritmi ed esigenze diverse, che vanno rispettate ed amate. E che diventare tutti omogenei ed emarginare chi non ci riesce non fa bene a nessuno.

lunedì 2 settembre 2019

Me too

 

Qualche settimana fa mi è stato chiesto se si può guardare il film di Woody Allen senza pensare alle accuse che gli sono state rivolte, e mi si è chiesto se sia lecito valutare un artista solo in base alla sua arte, tralasciando la sua dimensione etica. La persona che me lo ha chiesto, nonostante una laurea analoga alla mia, sembrava certa che la risposta fosse no. Era una domanda retorica. Io non le ho risposto. Perché per me la risposta è si, inevitabilmente. Sono stata educata a rifuggire da ogni forma di culto della persona, non sono una “fan”, sono un’esteta. Apprezzo le opere di quell’assassino iracondo di Caravaggio, amo il talento di Polunin, Kazan è tra i miei registi preferiti, leggo D.H. Lawrence, ascolto ancora le canzoni dei Noir Desir. Certo, quando a fare cose che mi piacciono sono persone che mi piacerebbero, è più bello. Ma non li cerco perché ho bisogno di modelli, li cerco perché il loro talento mi dà piacere. L’arte e la bellezza sono al di sopra della vita, e a volte i loro artefici sono immensamente al di sotto di esse. È un qualcosa che nell’idea ottocentesca di artista in cui molti ancora credono non è compreso. Ma, in realtà, a volte persone straordinarie in un campo possono essere mediocri o addirittura infime in tutti gli altri. Grazie al cielo, degli altri campi c’è la giustizia ad occuparsene. E io posso continuare a guardare i film di Kazan. E, per quelle due ore, pensare che fosse immenso. Scordando il suo contributo al maccartismo.

giovedì 11 luglio 2019

Nella città santa l’aria è pulita. Il vento la spazza ogni notte, e il giorno si cura di non lasciarla fermare nei vicoli. Nella città santa ho capito che, se ho ancora il vizio di giudicare il singolo, ho imparato a non lasciare che la mia idea di ciò che è giusto corrompa il rispetto che devo a chi è diverso da me. Nella città santa ho saputo di nuovo che la gentilezza mi salverà, e con me salverà il mondo.

mercoledì 10 luglio 2019

Prima notte a Gerusalemme: il canto del muezzin, la musica disco, il vento. Nel mezzo della notte, di nuovo il muezzin, qualche colpo in lontananza (di cosa?), un magnifico silenzio, il vento sempre più forte travolge le foglie del giardino, le campane della chiesa luterana e quelle delle altre in lontananza, il canto gioioso degli uccelli tra gli alberi. Non sono nemmeno le 5.

si, ho i denti storti nonostante anni di costosissime e dolorosissime cure. E allora? Avreste dovuto vederli prima..